Psicologia e Apprendimento

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Violenza e videogiochi: c’è un collegamento?

Sebbene i dati delle ricerche passate suggerivano una correlazione forte fra l'esposizione massiccia a videogame violenti e l'aumento dell'aggressività dei giocatori, la situazione attuale è ben più complessa.
Alcuni studi popolari a sostegno di questa tesi vennero raccolti nel volume intitolato "Gli effetti dei videogame violenti nei bambini e adolescenti" pubblicato dalla Oxford University. Una prima indagine puntò a evidenziare le differenze comportamentali di chi avesse provato un gioco adatto a tutti, rispetto a chi si fosse dedicato a un gioco violento. Una seconda ricerca si concentrò sull'incidenza di atteggiamenti prevaricatori tra chi avesse dedicato più tempo a combattimenti, battaglie e massacri digitali. Un terzo studio evidenziò i cambiamenti percettivi e interpretativi dei giocatori alle prese con videogiochi violenti.

Recenti ricerche, però, hanno smentito queste pubblicazioni, evidenziando sorprendentemente una riduzione dei crimini conseguente la pubblicazione di videogame popolari violenti. Una ricerca dello psicologo statunitense Christopher Fergusson ha verificato quanto e se la diffusione di videogiochi violenti corrisponda a un effettivo aumento di violenza, basandosi sui dati di consumo dei videogiochi definiti violenti. I dati confliggono, anzi, la violenza sembra diminuire in modo significativo. A confermare questi risultati, è stata un'ulteriore pubblicazione dei ricercatori della Villanova University, che si è basata sull'analisi dei cambiamenti nelle vendite di videogiochi ritenuti violenti e nel numero di crimini violenti, il numero di ricerche online per guide e soluzioni per i giochi violenti e quello di crimini e i crimini successivi alla pubblicazione di tre produzioni di videogame popolari violenti. Questi ricercatori sostengono che lo sfogo di pulsioni distruttive attraverso il gioco elettronico, possa limitare le condotte aggressive nel mondo reale.

Dati i risultati degli ultimi studi, sarebbe buona norma quindi diffidare da quegli approcci definiti "moralistici" che sviano l'attenzione sulle reali cause che generano violenza: l'attenzione non va posta sull'oggetto (il gioco), ma sul filtro e l'approccio di chi ne fa uso.

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